Uscivamo la mattina presto dalla casa del signor Simeone a Fraciscio, dove stavamo a pigione per tutta la stagione estiva. La mamma davanti con l’abito estivo di tutti giorni e un golf di lana, che faceva freddo finchè non usciva il sole. Ai piedi le ciabatte con la suola di sughero e il tacco appena accennato, che erano comode per andare in montagna e la “sporta” di stoffa pesante rossa, punteggiata da minuscoli fiorellini neri con i manici bianchi di plastica, contenente i panini e l’aranciata per il pic nic in riva al lago e che portavamo su dandoci il cambio, che pesava.
Ancora non sapevo che l’Angeloga è il luogo degli angeli, ma mi piaceva lo stesso, anche se a volte mi sembrava troppo lontano. Come smarrito in un sogno, seguivo l’ombra di mia madre mentre le evanescenti nebbie mattutine si dissolvevano ai primi raggi di sole. Ovunque fiori, forse esempio massimo della grazia che la natura può donare ad un essere vivente. Lietamente salivo e il rumore di acque scorrenti e leggeri freschi vortici di vento scendenti dai monti mi avvolgevano, portandosi via ogni pensiero e fatica. Fantasticando, gli occhi fissi ai profili delle creste che immaginavo un giorno di percorrere, abbacinato da fulgidi contrasti di prati fioriti e maestose scure pinete, inebriato dal profumo del granito e degli aghi di pino sotto il sole mi inerpicavo, leggero, su per il “ Calvario”. Si raggiungeva così il lago, disteso in una magnifica piana totalmente priva d'alberi e cosparsa di macigni affioranti dalla bassa vegetazione, un soffice e compatto manto di erbe come una sorta di macroscopica muffa, costellato tutto intorno e su per i versanti da sfavillanti drappi di velluto rosso e rosa dei rododendri.
Fra le baite, i silenzi solenni, il bel lago, il granito, i rododendri e il cielo azzurro sempre sereno dell’infanzia, il soave suono della voce di mia madre nell’aria cristallina che, chiamandomi, dolcemente allungava le vocali del mio nome. Al lago che magicamente riflette lo Stella, le montagne d’intorno e i miei smarrimenti giovanili, capace di evocare suggestioni ed eccitare l’allora mia vergine fantasia, di volta in volta sono tornato, ansioso, per vedere e accertare, rinfrancandomi, che l’immagine che mi ero costruito e cerco di conservare in me esiste davvero e mi appartiene.
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